Un testo di Alessandro Quaranta
Venerdì scorso, al termine di una passeggiata sensoriale acustica proposta a D.
Stava per calare la sera e sono ritornato a casa a piedi ripercorrendo il parco. Proprio in questo momento di cambio di luce, un gruppo di maestosi alberi mi ha sorpreso per il colore giallo intenso delle loro foglie, retroilluminate da un alto lampione alle loro spalle, e parevano come incendiati di luce fortissima.
Ho iniziato a filmare quei rami che fuoriuscivano appena dalla penombra, con lo smartphone, muovendomi tra di essi, quasi accarezzandoli, alla ricerca del loro apparire come corpi emananti una luce propria. Sarei voluto rimanere lì più tempo, salvo per il fatto che dopo un po’ mi dolevano le spalle per mantenere in alto il dispositivo, con le braccia tese.
Rivedendo le sequenze appena filmate ripenso a quell’apparizione, e ringrazio D. perché solo grazie al livello di attenzione maturato nell’ora precedente insieme a lui, durante l’attività di ascolto, ho saputo aprirmi a quella visione. Soprattutto non stavo cercando nulla di speciale; il mio essere lì, sotto quell'albero, non era finalizzato alla ricerca di qualcosa da filmare, ma era un eco dell’attività appena conclusa con D., e le immagini trovate, un suo riflesso.